La Federazione Italiana panificatori, organizzazione maggiormente rappresentativa delle oltre 25mila imprese di panificazione italiane, con il presente documento richiama l’attenzione sull’importanza non soltanto economica ed occupazionale del settore ma anche sul ruolo cruciale nell’ambito sociale che la produzione giornaliera di pane fresco svolge nell’ambito della comunità nazionale.
La Federazione ricorda altresì come la panificazione rappresenti altresì una realtà storica e consolidata al servizio delle comunità locali anche a livello europeo, con la presenza di 190mila imprese con un bacino occupazionale di oltre 2 milioni di lavoratori.
Sono ovviamente fonte di grande preoccupazione per la categoria i rincari dei costi delle materie prime e di quelli energetici, difficilmente scaricabili sui prezzi finali, ma in particolare destano allarme ipotesi di scarsità e penuria di farine e di gas entrambi evidentemente indispensabili per la continuità produttive delle nostre imprese e del servizio quotidiano ai consumatori italiani.
Si chiede pertanto di dare garanzia e priorità assoluta alle forniture delle materie prime essenziali per la panificazione ed in primo luogo alle farine ad essa dedicate.
Analogamente, ed in vista di possibili difficoltà nelle disponibilità nazionali energetiche, e tenuto conto che grandissima parte dei forni da pane sono alimentati da gas metano, diviene assolutamente imprescindibile dare assoluta garanzia alle imprese sulla continuità prioritaria delle sue forniture finalizzate alla panificazione (individuate dai codici di attività ATECO 10.71.10 – 47.24.10) senza alcuna interruzione o riduzione dei volumi necessari a tale fondamentale attività produttiva.
Anche se il gas-metano rappresenta l’elemento cruciale necessario alla panificazione, nelle aziende panarie sono anche fortemente incidenti i costi relativi ai consumi elettrici dovuti a illuminazione ma soprattutto a macchine e frigoriferi sia di produzione che di vendita: diviene quindi fondamentale, alla fine del contenimento dei costi energetici complessivi, insistere sulla necessità di giungere quanto prima al disaccoppiamento tariffario per megawatt/ora (o decoupling) che oggi penalizza pesantemente le imprese.
Tenuto inoltre conto del fatto che per le imprese l’iva non rappresenta un costo, i provvedimenti relativi alla stessa pur rappresentando una misura importante e immediata per i consumatori hanno effetti ridotti in termini di flussi di cassa, ma non di bilancio sulle imprese: a tale proposito, tenuto conto degli effetti immediati di un’aliquota anche contemporaneamente ridotta, sarebbe auspicabile per le imprese, qualora in credito d’imposta poter detrarre mensilmente o quantomeno trimestralmente con l’F24 l’IVA se a credito fermo restando ovviamente un conguaglio annuale.
Nella consapevolezza delle difficoltà da parte dello Stato di ulteriori erogazioni a fondo perduto, si auspica l’introduzione di un fondo di garanzia specifico per i costi energetici per le microimprese sulla base di prestiti a rientro pluriennale garantiti dallo Stato analogamente a quanto fatto nella prima fase dell’epidemia di SARS-COVID 19 ma specifici per i costi energetici produttivi. A livello nazionale, potrebbero essere quindi attivate misure analoghe a quanto fatto con i DL LIQUIDITA’ (L.4/2020) e con il DL SOSTEGNI BIS con la creazione di un Fondo di garanzia per fare fronte alle esigenze immediate di liquidità delle imprese che stanno affrontando le conseguenze della crisi energetica. Su piccoli prestiti fino a 30 mila euro l’intervento del Fondo, in analogia con quanto fatto in passato, potrebbe coprire con garanzia il 90% dei finanziamenti con durata massima di 15 anni senza che venga effettuata, ai fini della concessione della garanzia stessa, la valutazione del merito creditizio. Fermo restando l’importo massimo di 30 mila euro, il finanziamento potrebbe essere modulato sulla base degli incrementi di costo energetici su base trimestrale 2021- 2022 (ad esempio, con limiti soglia del 30% di aumenti) e dovrebbe essere riservato alle PMI e alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni.
Si auspica l’attivazione da parte delle istituzioni europee di uno strumento europeo di sostegno temporaneo analogo (SURE) a suo tempo posto in atto per attenuare i rischi di disoccupazione per l’emergenza pandemica e che ora sia formulato sulla base delle necessità dettate dall’emergenza energetica.
Infine, alla luce delle priorità connesse alla transizione verde, è necessario prevedere specifici incentivi per l’efficientamento energetico e la sostituzione di impianti a minor consumo energetico: coibentazione locali, utilizzo raddrizzatori di corrente, ottimizzazione di forni e macchine, ecc. nonché introdurre, analogamente a quanto già fatto e consolidato con il progetto BELT per gli elettrodomestici, un progetto BELT & BAKERY per definire specifici sistemi di valutazione e classificazione di efficientamento energetico di macchine, forni e frigoriferi dedicati al settore.
Contestualmente, al fine di favorire sia nelle imprese che nei consumatori l’irrinunciabile necessità di una quanto più possibile rapida transizione verso un sistema orientato al contenimento dei consumi energetici, si sottolinea come la filiera dei prodotti alimentari surgelati rappresenti certamente una realtà consolidata ma anche fortemente energivora se rapportata ai prodotti freschi: né è un esempio lampante proprio il pane surgelato precotto il quale, anziché essere prodotto senza soluzione di continuità e venduto nell’ambito del sul luogo di produzione come avviene per quello fresco, deve venire prima parzialmente cotto, poi abbattuto e surgelato, successivamente trasportato anche su lunghe distanze, conservato in celle frigorifere a bassa temperatura e successivamente ancora una volta messo in forno prima della vendita al cliente finale.
Favorire dunque, con una forte campagna informativa, l’utilizzo e il consumo dei prodotti alimentari freschi e di stagione rispetto al consumo di prodotti surgelati comporterebbe una significativa base di promozione per le aziende locali e nel contempo, con una riduzione che anche se fosse modesta dei consumi di prodotti surgelati, impatterebbe fortemente e positivamente sui consumi energetici generali generati da una filiera fortemente energivora nell’abbattimento, conservazione e trasporto a basse temperature.
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